Convegno: BORIS ULIANICH STORICO DEL CRISTIANESIMO

BORIS ULIANICH STORICO DEL CRISTIANESIMO
BILANCIO E PROSPETTIVE
BORIS ULIANICH E L’ISTITUTO DI STUDI STORICO-RELIGIOSI DELL’UNIVERSITÀ DI NAPOLI
Società Nazionale di Scienze, Lettere e Arti in Napoli (SNSLA) Dipartimento di Studi Umanistici, Università di Napoli Federico IIAula Pontano, Via Mezzocannone 8 24-25 Settembre 2024

Nonostante i quasi venti anni di differenza tra me e Boris, credo di essere, tra i testimoni degli eventi di cui cercherò di ricostruire la storia, la più contemporanea. E se non sempre potrò fornire dati ufficiali di questi eventi affidando ciò che dirò alla mia memoria personale, sono ben consapevole che, come scrive Giovanni Pugliese Carratelli in apertura della voce “storia” per l’Enciclopedia del 900, “le vicende umane si presentano tanto nel loro proprio tempo quanto nei tempi successivi nelle forme e nei termini in cui le vedono e le descrivono, o le ricordano e ricostruiscono i protagonisti, i contemporanei, i posteri”.Iniziamo dal 1967, anno in cui Boris Ulianich arriva a Napoli da Bologna (sugli anni bolognesi parlerà Giovanni Filoramo), dove era attivamente impegnato nel dibattito conciliare e postconciliare insieme con studiosi di rilievo come Paolo Prodi e Giuseppe Alberigo, e collaborava già alla collana di studi storici-religiosi de Il Mulino, che in seguito dirigerà. A Napoli Ulianich succede a Paolo Brezzi sulla cattedra di Storia del cristianesimo, che era già stata di Adolfo Omodeo, chiamato all’Università di Napoli nel 1923 sulla cattedra di “Storia della Chiesa” prima, poi “Storia del cristianesimo”. I vari titoli delle discipline dipendono, come è noto, dal loro statuto in veloce evoluzione e dai valori diversi attribuiti alle due nozioni: “chiesa” sembra evocare la concretezza delle istituzioni soprattutto quelle cattoliche, e la sua dimensione politica; “cristianesimo” studia, invece, le dinamiche religiose interne ai gruppi cristiani e i rapporti con altri gruppi religiosi. In ogni caso, come sottolinea Andrea Milano, negli “Studi di storia del cristianesimo e della chiesa nella cultura italiana tra 800 e 900”, la distinzione tra le due nozioni, al di là della sua origine nell’illuminismo e della sua ripresa altrettanto polemica nel modernismo, svolge una funzione utile solo se adoperata senza fanatismi.Ulianich era nato in un paesino dell’Istria, a Bogliuno, il 12 febbraio del 1925, ma aveva trascorso l’infanzia e l’adolescenza a Foligno (dove è stato presidente dell’Accademia Fulginia sino alla sua morte). Si era formato a Roma, laureandosi in filosofia. Nel 1950 aveva ottenutouna borsa di studio presso l’Istituto di Storia Europea (Institut Fȕr Europäische Geschichte) di Mainz (Magonza), un istituto di ricerca di fama internazionale, in cui Joseph Lortz (1887-1975), il cui magistero aleggerà sempre sull’opera di Ulianich, diresse sino alla morte la sezione di storia religiosa. A Magonza, Boris conobbe Hedi, la sua futura sposa, donna fine, colta e intelligente, da cui ha avuto tre figli.Alla formazione storica del giovane Ulianich contribuisce, negli anni successivi, la frequenza all’Istituto italiano per gli studi storici, periodo poco noto nelle sue biografie, in seguito all’assegnazione per l’anno accademico 1952-1953 di una Borsa di studio dell’Istituto, destinata a giovani studiosi “con vocazione storica”. L’Istituto, fondato nel 1946 da Benedetto Croce, che avrebbe voluto come primo direttore Adolfo Omodeo, purtroppo morto nel 1946 a soli 57 anni, fu affidato per la direzione a Federico Chabod nel 1947. L’anno precedente, Croce aveva voluto, comunque, far iniziare i corsi con la sua direzione provvisoria, e solo l’anno successivo aveva affidato l’incarico a Federico Chabod che lo mantenne fino al 1960, quando fu nominato direttore Giovanni Pugliese Carratelli, e lo sarà sino al 1986.Grazie alla cortesia del segretario generale dell’Istituto italiano per gli studi storici, Marta Herling, e della dott. Roberta Macchione, che ha provveduto alla scansione del fascicolo 1952- 1953, conservato nell’Archivio storico (Cartelle dei borsisti) dell’IISS, e con l’aiuto dell’amico e collega Luca Arcari, che ha consultato direttamente il fascicolo, ho potuto verificare la notizia riguardante l’assegnazione a Boris Ulianich di una borsa dell’Istituto per il 1952-53, notizia che avevo ricavato dal dossier dell’Associazione ex-borsisti IISS (2016).Nel fascicolo originario mancavano, in quanto ritirati dal candidato, la tesi di laurea e il curriculum, che mi avrebbero fornito utili informazioni per riempire alcuni vuoti dell’itinerario intellettuale e scientifico del giovane Ulianich. Tuttavia, c’erano altri documenti interessanti. Oltre alla lettera di assegnazione della borsa firmata da Benedetto Croce, forse una delle ultime firmata da lui (24 ottobre 1952), perché Croce muore il 28 novembre del 1952, è conservato un appunto a mano in cui si riporta il titolo del progetto presentato da Ulianich nella richiesta della borsa: “La storia nel Croce giovane”. Probabilmente il progetto subisce una deviazione verso la storia religiosa proprio ad opera di Chabod, come spiegherà Luca Arcari, e in particolare verso l’epistolario di Paolo Sarpi, come si ricava dalla comunicazione dell’8 novembre 1954 firmata da Federico Chabod, in cui si fa riferimento a un premio di Lire 200.000 assegnato a Ulianich per il 1954 per completare le ricerche su Paolo Sarpi. Ulianich rimase a lungo a lavorare sull’epistolario di Sarpi, come risulta da una lettera del 1 dicembre 1960,firmata da Pugliese Carratelli, che sollecita il completamento dell’edizione. Nella risposta, Ulianich si scusa del ritardo ma precisa che il lavoro ormai è terminato. Lo confermerà la pubblicazione, nel 1961, dell’edizione critica, con note e commento, delle Lettere di Sarpi ai Gallicani, in cui già si evidenzia la sensibilità filologica di Ulianich e il rigoroso metodo storico.Anche se, come ho già detto, di Ulianich borsista dell’Istituto per gli studi storici non si ha notizia nelle biografie, nelle sue scelte di ricerca e nella sua produzione scientifica non mancano riferimenti al magistero di Federico Chabod e richiami alle esperienze culturali e storiografiche di Delio Cantimori, personaggi fondamentali della storiografia novecentesca, che saranno sempre venerati da Ulianich, insieme a Joseph Lortz, il cui magistero aveva fortemente segnato, e continuava a segnare, la sua formazione intellettuale, e di cui egli scrisse con commozione e riconoscenza (v. “Riforma in Germania di Joseph Lortz” del 1989, che di quella riforma è il rappresentante più illustre).Il tema da affrontare oggi mi induce a un salto nel passato, in cui molto sarà affidato alla mia percezione dell’Ulianich di allora, ben diverso dall’Ulianich senior con cui il mio rapporto è stato quasi confidenziale, e a cercare negli eventi che descriverò una risposta alla domanda che mi sono posta riflettendo su quegli anni, se e quale nesso esista tra quell’esperienza giovanile e la chiamata di Ulianich alla cattedra di storia del cristianesimo a Napoli, città dove sarebbe rimasto per tutta la sua lunga vita, e se la sua formazione crociana possa motivare l’istintiva syngeneia con Cilento, il famoso barnabita, accademico dei Lincei, ordinario a Napoli di Religioni del mondo classico, amico personale di Benedetto Croce.Un particolare interessante sulla chiamata di Boris alla cattedra napoletana nel 1967 l’ho appreso da Giorgio Jossa. La candidatura Ulianich era stata sostenuta, tra gli altri, da Gilmo Arnaldi, figlio del grande latinista Francesco Arnaldi, studioso di qualche anno più giovane di Boris, che si era laureato a Napoli, relatore Ernesto Pontieri, nel 1951, borsista anch’egli dell’IISS negli anni 1952-53. Arnaldi è stato accademico dei Lincei, e uno dei più stimati medievisti della sua epoca; ha insegnato Storia medievale prima a Bologna, poi a Roma, rimanendo, fino alla sua morte (2016), legato all’Istituto italiano per gli Studi storici, dove l’ho incontrato a qualche inaugurazione.La chiamata di Ulianich a Napoli fu accolta con grande soddisfazione in Facoltà, in particolare nel settore delle discipline storico-religiose, dove sollecitò l’interesse di molti giovani con la sua personalità carismatica, e dove gli fu anche attribuito per alcuni annil’affidamento di Storia delle Religioni. In qualche caso, come mi ha detto Gabriella Lavina, l’incontro con Ulianich era stata una vera folgorazione tale da “cambiare la vita” . Era accaduto a lei, che perciò – in un primo momento – avrebbe voluto intitolare il suo intervento: “Ulianich. Un incontro che mi ha cambiato la vita”, poi sostituito con “L’impegno politico di Boris Ulianich, Senatore della Repubblica. Esito della tensione feconda tra ricerca storica e teologia?”, un tema complesso, rimasto purtroppo incompiuto.Un primo gruppo di discepoli fu quello formato proprio da Gabriella Lavina (scomparsa il 6 settembre, lasciandoci in un muto dolore, mentre licenziava alle stampe il suo nuovo volume su Martin Luther King jr), Silvana Nitti, Rosanna Ciappa, Gianni Romeo, e subito dopo Michele Miele, Giuliana Boccadamo, Michele Mancino (spero di averli ricordati tutti e nell’ordine corretto), un vero e proprio laboratorio di ingegni e di saperi, che purtroppo, in molti casi, non ebbe il meritato riconoscimento accademico, forse anche a causa del lungo allontanamento di Ulianich dal mondo accademico, eletto senatore per tre legislature (1979-1992) nel gruppo della sinistra indipendente.Nel 1967, le discipline dell’area storico-religiosa attivate nell’ateneo napoletano erano state collocate al VII piano dell’edificio di via Marchese Campodisola. Oltre alla Storia del cristianesimo, dal 1948 sino ad allora tenuta da Paolo Brezzi, personalità limpida e insieme complessa, che in quell’anno si era trasferito all’Università di Roma sulla cattedra di Storia, era attivo – in quell’anno, o lo sarebbe stato l’anno dopo – l’insegnamento di Storia religiosa dell’Oriente cristiano di cui era titolare Giorgio Jossa, un giovane studioso dalla solida formazione storica, libero docente in Storia del Cristianesimo, dal 1980 chiamato come ordinario di Storia della Chiesa antica. Nel 1966 era stato istituito anche un altro insegnamento, Religioni del mondo classico, affidato al padre barnabita Vincenzo Cilento, che aveva insegnato per anni all’Università di Napoli Storia della filosofia medievale”, e poi, vinto il concorso di professore ordinario di Storia della filosofia antica, era stato richiamato a Napoli nel 1967 sulla cattedra di Religioni del mondo classico.Cilento si era laureato a Napoli discutendo una tesi su Laberthonnière, presentatogli da padre Semeria, relatori A. Aliotta e A. Omodeo, nomi che segnarono l’orientamento dei suoi studi, dalla grecità al Medioevo, ai grandi riformatori della chiesa, all’incontro con autorevoli contemporanei. Cilento visse con disagio il rigido pontificato di Pio XII, ritrovando l’immagine più conforme ai suoi ideali spirituali e culturali nella primavera evangelica di Giovanni XXIII. Fu sensibile all’influenza del modernismo e agli stimoli da esso innestati nel cattolicesimotradizionale, ma fu anche partecipe alla grande esperienza dell’idealismo meridionale e alla reinterpretazione di Croce, sua guida e mentore, che lo stimolò a riprendere (dopo la parentesi modernista) i suoi interessi verso il platonismo e i neoplatonici pagani e cristiani, e in particolare verso il maggiore di essi, Plotino, portando a termine l’insuperabile versione italiana delle Enneadi che gli valse la nomina a socio dell’Accademia nazionale dei Lincei.L’incontro tra Ulianich e Cilento, cordiale, quasi familiare, e la convivenza accademica, serena e costruttiva, mi stupirono molto, e in varie occasioni. Le loro vite, contrapposte, e non solo per differenza di età e di statura, claustrale e solitaria quella di Cilento, attiva e politica quella di Ulianich, sembravano correre su linee parallele e separate. Eppure, un filo rosso le univa, come vedremo.Che cosa avrebbe potuto motivare questa philia? Forse il ricordo di quel passato comune, risalente all’ambiente crociano, in cui Boris si era formato e Cilento, amico personale di Croce, aveva maturato il suo senso della storia e l’opposizione a ogni forma di dittatura intellettuale e politica? o forse, oltre all’ambiente crociano, (i tempi erano più maturi) il percorso intellettuale, attento e partecipe alle correnti più vive della cultura del 900, di Boris nella fucina bolognese e di Cilento nell’humus culturale napoletano?Nel 1973, Cilento, pur essendo per anzianità (era nato nel 1903) e lunga presenza nell’Ateneo, il più titolato a ricoprire il ruolo di Direttore dell’istituendo Istituto di studi storicoreligiosi, non esitò a proporre come direttore della nuova istituzione il giovane titolare di Storia del cristianesimo, Boris Ulianich, in cui Cilento aveva riconosciuto subito le doti di araldo di un rinnovamento negli studi storico-religiosi. Ulianich mantenne l’incarico, ininterrottamente e con successo, fino al trasferimento dell’Istituto nelle neonate strutture dipartimentali (legge 382/80).La sezione di studi religiosi, già prima della formazione dell’Istituto, era frequentata da molti giovani e validi studiosi, prevalentemente interessati alla storia del cristianesimo. Tra questi, mi trovai anche io, perché Cilento, interessato ai miei studi sulla religione greca e alle mie competenze filologiche nelle lingue classiche, mi aveva invitato a collaborare alla nuova cattedra di Religioni del mondo classico. Avevo conosciuto Cilento nel 1966, appena laureata, grazie all’amico Francesco Lazzari, stimato allievo di Cilento, studioso di mistica medievale, già borsista dell’Istituto nel 1962-1963, che mi presentò al suo maestro perché appoggiasse la mia richiesta di una borsa di studio all’Istituto per gli studi storici, borsa che ottenni per l’anno 1966-67, iniziando così la mia collaborazione con padre Cilento su un insegnamento a cui nonavrei mai immaginato di essere chiamata nel 1982 come professore associato, e in seguito come professore ordinario.L’insieme degli eventi e degli studiosi qui ricordati non intende solo restituire una lettura coerente e una testimonianza diretta di uno stralcio della vita accademica a Napoli durante gli anni di rinnovamento di strutture universitarie e di alternanza di docenti, ma è volto anche ad arricchire la nostra conoscenza di una figura di storico, quale fu Ulianich, profondamente impegnato nelle battaglie civili e culturali, che non si esaurisce nella produzione scientifica, ma trova le proprie radici nella sua stessa biografia. In tal senso, personaggi apparentemente diversi, nel carattere e nei metodi, si intrecciano intorno all’Istituto italiano per gli studi storici, centro di cultura che, a Napoli, e non solo, irradia l’ambiente intellettuale dell’epoca e l’Accademia stessa, e in vario modo la influenza.Ma questo intreccio di ricordi, che risveglia personaggi ed eventi ormai lontani, può mitigare l’amarezza di chi si trova a evocare le ombre di un passato “amico” scomparso? o è proprio in questo ripercorrere le tracce di un tempo perduto, che si cela un modo per riconciliare ciò che è stato con ciò che resta?Marisa Tortorelli GhidiniAccademia Pontaniana, 24 settembre 2024.