Maurizio Zerbini, Attraverso il cerchio magico. Storia delle religioni, stregoneria e smanie per l’occulto

Per quanto il libro recensito (l’autore si è formato alla Scuola romana di storia delle religioni)  risalga a più di un decennio fa,  la recensione di Ezio Albrile è un un vero e proprio saggio, notevolmente comprensivo, acuto e irriverente, che tocca temi e personaggi di speciale attualità nel campo degli studi storico-religiosi, in particolare dell’esoterismo, dei Nuovi Movimenti Religiosi, degli approcci cognitivi  (l’ermeneutica infinita di Eco è molto vicina alla Mathesis universalis di I. P. Culianu: i due studiosi avevano infatti fissato un progetto comune prima della tragica scomparsa di quest’ultimo nel maggio 1991). 

Maurizio Zerbini, Attraverso il cerchio magico. Storia delle religioni, stregoneria e smanie per l’occulto (Storia delle Religioni, 18), «L’Erma» di Bretschneider, Roma 2009, pp. 126 + 6 tav. a colori, Euro 99,00.

Nell’Ulisse cinematografico del 1954 (regia di Mario Camerini, Lux Films, Italia-USA-Francia, 117’) spettacolosa parafrasi dell’Odissea omerica, una splendida Silvana Mangano (1930-1989) interpreta i due ruoli della maga Circe e di Penelope moglie devota, incarnando i due opposti momenti della femminilità, irata e benigna, religiosamente figurata in una Dea molteplice. Questa Dea arcaica, cancellata dall’intolleranza patriarcale, è tornata in auge da alcuni decenni in una corrente religiosa cosiddetta «neopagana» sgorgata da varie fonti, più o meno attendibili; parliamo della Wicca, che in anglosassone (cioè in inglese antico) significa «stregone», ed è il maschile di Wicce, «strega». Fra i testi sacri della Wicca, in prima posizione stanno i libri di Margaret A. Murray (1863-1963), egittologa e a tempo perso storica della stregoneria. Soggiogata dalle ricerche del folklorista statunitense Charles Godfrey Leland (1824-1903), la Murray riteneva la stregoneria la forma religiosa originaria dell’Europa precristiana. Persistita in tiasi segreti, la stregoneria era la testimonianza d’una religiosità femminile fortemente repressa dall’imporsi di un Dio fallico e quindi sterminata dallo zelo patriarcale cristiano nel corso di tutto il Medioevo e oltre. Convinti che la stregoneria medievale non avesse nulla a che spartire con le religioni precristiane o celtiche, gli storici accademici reagirono in modo violento ai libri della Murray; molti approfittarono della controversia per affermare che la stregoneria non era mai esistita, se non nella mente degli inquisitori. A partire dagli anni ‘70, il clima però mutò, e storici come Carlo Ginzburg (1939-), rigettarono sia la tesi della Murray sia la contro-tesi per cui la stregoneria sarebbe una mera fantasia, optando per la persistenza di elementi mitici e folklorici arcaici, sicuramente fraintesi dagli inquisitori.

Una premessa necessaria per introdurre il volume di Maurizio Zerbini. Insegnante di latino suo malgrado in un liceo romano, lo Zerbini per tentar una didattica che in qual modo coinvolga gli annoiati studenti, introduce il tema della magia. Presto gli studenti si dimostrano più informati di lui e portano il discorso sui sortilegi contemporanei, in particolare sulla Wicca, cogliendo il docente totalmente impreparato. Spiazzato dalla replica del popolo discente, sbadigliante e indisciplinato sì, ma attento e punitivo su temi confacenti l’universo umbratile della stregoneria, il nostro eroe corre subitaneamente ai ripari, documentandosi sull’argomento. Il libro è quindi l’esito ‘scientifico’ di tale tenzone.

Uno dei maggiori teorizzatori della Wicca è stato Gerald B. Gardner (1884-1964), che si descrisse iniziato a tale arcaico culto da una non ben identificata «vecchia Dorothy». Sulla scorta dei libri della Murray e svariate altre fonti, Gardner e alcuni amici elaborarono, a partire dal 1940, un rituale ispirato all’antica stregoneria. Sino al 1951 tali pratiche oscure erano ancora illegali in Inghilterra, e Gardner (sotto lo pseudonimo di Scire) iniziò a dare notizie di una cerchia neo-stregonesca in un romanzo dal titolo High Magic’s Aid (Michael Hougton, London 1949); dopo il 1951 egli fu libero di pubblicare, in modo esplicito, i testi in cui rivendicava la propria adesione ai dettami dell’antico culto. In queste opere, conversazioni e interviste Gardner insisteva di non aver inventato nulla, ma di essere stato iniziato a una tradizione famigliare dalla «vecchia Dorothy». Una «vecchia Dorothy» esistette sì nella vita di Gardner, era Dorothy Clutterbuck Fordham, una lady anglicana colta e ricchissima, che però sembra non aver avuto nulla a che fare con la stregoneria. Teosofia, magia rituale e sessuale, testi esoterici vari, dottrine religiose e occulte orientali, basandosi su questi materiali Gardner introdusse nella Wicca concetti come la reincarnazione e il nudismo cerimoniale (Gardner era diventato un nudista convinto dopo un viaggio a Ceylon). Un’altra importante fonte fu il mago e scrittore britannico Aleister Crowley (1875-1947), che Gardner conobbe nel 1946 tramite l’amico ventriloquo Arnold Crowther (1909-1974). Divenuto membro del suo ordine, gli commissionò dei rituali, poi rielaborati nel Libro delle Ombre (Book of Shadows, ), il prontuario dei rituali Wicca.

Il mondo della Wicca ha avuto una più vasta diffusione anche grazie alla cultura hippie e alla rivoluzione sessuale sorta in margine alla contestazione giovanile di fine anni ‘60. Ciò ha originato una costellazione instabile di gruppi che si formano, si dividono, si ritrovano in festival annuali, leggono gli stessi giornali e frequentano le stesse librerie. Il recupero dei valori del politeismo e del matriarcato arcaico come strumento antagonista è tratto fondamentale della Wicca. Nonostante le divergenze, i gruppettari stregonici si sentono uniti proprio in questo obliteramento dei valori gerarchici tipici della società capitalistico-borghese. In tali fazioni, spesso critiche verso Gardner, riconosciamo gli «alexandriani», discepoli del pittoresco Alex Sanders (pseudonimo di Orrell A. Carter, 1926-1988), il quale rivendicava anche lui una tradizione familiare trasmessagli dalla nonna; i «dianici», d’impronta femminista, diffusi soprattutto negli Stati Uniti grazie a figure come Miriam Simos «Starhawk» (1951-) e Zsuzsanna Szilágy «Z Budapest» (1940-).

La Wicca non ha una struttura unitaria, né organizzazioni nazionali. La corrente principale accetta il principio del Rede («se non danneggia nessuno, fai ciò che vuoi», un adagio forse catturato al lessico di Aleister Crowley), e la «Legge del Triplo» secondo la quale sia il bene che il male fatto ad altri ritornano «tre volte ricambiati», versione stregonesca del karma indù. Non v’è neppure una dottrina unitaria, e il riferimento al politeismo è interpretato in modi molto diversi. La Wicca propone una magia che diventa, per il praticante, una religione, a proposito della quale la categoria di «religione della natura» è quella che incontra il consenso maggiore fra gli studiosi.

Uno degli autori più influenti oggi è Scott D. Cunningham (1956-1993), ampiamente utilizzato nel libro di Zerbini. Il suo è un linguaggio abbastanza semplice, a volte strafottente, per lui anche i preti cattolici utilizzerebbero la magia per trasformare un tozzo di pane nel corpo di un «salvatore» morto e sepolto da tempo. Tale magia sarebbe condensata nella preghiera – uno strumento comune in molte religioni, una forma di concentrazione e comunicazione con la Divinità. Se si estende questa concentrazione, si proiettano all’esterno delle energie con il pensiero che col tempo può far avverare la nostra preghiera.

I Wiccan, o Wiccani (adepti della Wicca) venerano principalmente una Dea-Madre nelle sue diverse manifestazioni e, in alcuni casi, un Dio Cornuto, suo consorte (il Diavolo della tradizione cattolica). La Dea e il Dio sono genericamente intesi come personificazioni della fonte divina di ogni cosa, inconoscibile e incomprensibile in se stessa, ma immanente in tutta la creazione: rocce, alberi, esseri viventi, etc. Alcuni wiccan hanno abbandonato del tutto la personificazione, preferendo intendere gli dèi come meri concetti metafisici. La maggior parte di loro, però, li accetta come individualità o emanazioni; la Madre Dea è da essi associata alla Luna e invocata con i nomi delle principali divinità femminili di area mediterranea. Il Dio è invece assimilato al Sole e, a differenza della Dea, è rappresentato come un dio ciclico, che muore e rinasce ogni anno.

I roghi e le inquisizioni sono il leitmotiv di molti libri e siti neopagani. La wicce Starhawk parla di ben nove milioni di streghe perseguitate in uno spazio di quattro secoli, un calcolo che proviene dagli studi della suffragetta statunitense Matilda J. Gage (1826-1898), ma che gli storici odierni contestano perché troppo elevato. Persistente, poi, nella Wicca è l’idea di essere un’antichissima forma di spiritualità precristiana, cioè la continuazione diretta di antichi culti di fertilità pagani preservati nel corso dei secoli dalle streghe stesse.

Parallelamente all’esposizione critica delle tesi wiccan, lo Zerbini, eccitato dalla semiosi di Umberto Eco (1932-2016), sviluppa tutto un discorso suggestivo a proposito de Il pendolo di Foucault, a cominciare da un fitto riconoscimento di cenni non al Foucault scienziato Ottocentesco e costruttore del pendolo che dà il titolo al libro, ma all’altro Foucault, il filosofo nostro contemporaneo, la cui presenza nel libro è affidata a una rete di allusioni e richiami.

Attraverso due significativi saggi, «Dieci modi di sognare il medioevo» e «L’epistola XIII, l’allegorismo medievale e il simbolismo moderno», relativi a modi di pensare e rappresentare della tradizione iniziatica e occultistica medievale, Eco formalizzò le basi strutturali del romanzo; egli esplorò, classificò e utilizzò dei modelli culturali per mettere a nudo dilemmi epistemologici tuttora attuali. Salienti sono le riflessioni finali del protagonista, Casaubon, che, dopo la notte drammatica passata a Parigi, si rifugia nella casa di campagna del comprimario Jacopo Belbo, riuscendo a trovare, tra le vecchie carte dell’amico, il «Testo Chiave», cioè la testimonianza manoscritta dell’unico momento di verità vissuto dal Belbo.

Nel corso delle Crociate i Templari non si limitarono a combattere, ma intrapresero la ricerca degli oggetti sacri della cristianità (Santo Graal, Arca dell’Alleanza, frammenti della croce della crocifissione di Gesù, reliquie, etc.); vennero così a conoscenza degli oscuri segreti posseduti dagli iniziati ebrei e musulmani, ai quali li tramandarono gli antichi sacerdoti egizi che a loro volta vennero iniziati dai superstiti alla distruzione di Atlantide. La Terra è notoriamente un’enorme calamita attraversata da correnti elettromagnetiche: gli antichi egizi, i celti, gli aborigeni, i sardi prenuragici e altre civiltà ne erano a conoscenza e cercavano di amplificarle costruendo dolmen, menhir, obelischi; lo stesso Gustave Eiffel (1832-1923), come molti altri scienziati, sarebbe stato un iniziato e la sua celeberrima Torre sarebbe uno di questi «condensatori» di energia tellurica. I Templari scoprirono l’ubicazione dell’umbilicus, il ‘centro’ in cui si concentravano queste correnti cosmiche, ma non divulgarono il segreto. I Cavalieri sopravvissuti alla grande persecuzione ordita da Filippo il Bello prepararono così la loro vendetta orchestrando un «Piano» per la conquista del mondo; ipotizzarono che seicento anni nel futuro ci sarebbe stata una tecnologia adatta al controllo dell’energia planetaria e organizzarono così una «staffetta» criptata. Per ottenere questo controllo sarebbe stato necessario far trovare ai discendenti il punto specifico della Terra, individuabile attraverso una mappa e con un pendolo montato nel coro della chiesa dell’ex Priorato di Saint-Martin-des-Champs (ove oggi vi è la sede del Conservatoire National des Arts et Métiers) il 24 giugno. A causa della riforma gregoriana il secondo appuntamento (nel 1584) saltò ed è per questo – fantasticano i tre protagonisti del romanzo – che i Templari discendenti non hanno ancora preso possesso del potere: non sanno qual è la mappa da mettere sotto al pendolo.

Belbo, alle prese con una deludente situazione personale, inizia a credere per davvero che il «Piano» segreto per il controllo del mondo sia una realtà, convincendosi d’essere a conoscenza di quale sia la mappa da utilizzare, cosa non vera. È il momento più glorioso della vita di Casaubon, e, nell’attesa che giungano Essi, i misteriosi Cavalieri Templari, materializzatisi veramente dopo essere stati ipotizzati per scherzo dal «Piano» dei tre dilettanti di scienze occulte, egli pensa:

«Tra poco arriveranno. Vorrei aver scritto tutto ciò che ho pensato da questo pomeriggio a ora. Ma se Essi lo leggessero, ne trarrebbero un’altra cupa teoria e passerebbero l’eternità a cercare di decifrare il messaggio segreto che si cela dietro la mia storia. È impossibile, direbbero, che costui ci abbia raccontato solo che si stava prendendo gioco di noi. No.»

Poi aggiunge:

« Che io abbia scritto o no, non fa differenza. Cercherebbero sempre un altro senso, anche nel mio silenzio.»

Non solo i testi, ma anche i pensieri diventano oggetto d’una interpretazione infinita. È evidentemente una metafora di quella che nei suoi scritti teorici Eco ha chiamato la «semiosi ermetica», un modello interpretativo dei testi e del mondo basato sul principio dell’analogia universale, cioè su una forma di ermeneutica infinita il cui unico contenuto è l’affermazione della coincidenza degli opposti, un vuoto contenente un Segreto ultimo indicibile e inesistente. Eco giunse a tale teorizzazione partendo da una serrata critica del pensiero neoplatonico ed ermetico (da cui la denominazione) caratterizzante il tardo ellenismo; si tratterebbe di una forma patologica della comunicazione, la cui influenza nefasta s’è propagata attraverso i millenni, dall’ermetismo ellenistico al romanticismo, dal rinascimento al decostruzionismo. «Molte cose possono essere vere nello stesso momento anche se si contraddicono», ma se si contraddicono esse contengono un messaggio segreto e dicono altro da ciò che sembrano dire. Tuttavia, poiché ogni cosa ha rapporti di analogia, continuità e somiglianza con qualsiasi altra cosa, qualsiasi determinazione sarà inadeguata: non appena si scopre che c’è un significato privilegiato, si può essere certi che non è quello vero. «Il pensiero ermetico trasforma l’intero teatro del mondo in fenomeno linguistico, e contemporaneamente sottrae al linguaggio ogni potere comunicativo» dice Eco. Il sincretismo ermetico peraltro non induce i suoi seguaci ad un atteggiamento di umiltà: al contrario, poiché diffida di tutte le determinazioni e di tutte le opere, crea un vuoto colmato dalla presunzione di detenere il Segreto del mondo; il fatto che questo segreto sia inesprimibile pone l’adepto dell’esoterismo ermetico al riparo da ogni verifica e da ogni controllo e potenzia la sua arroganza. Nonostante ciò, lo Zerbini sottolinea come la finzione de Il pendolo di Foucault sia divenuta realtà, creando situazioni marginali in cui non solo quanto esposto nel romanzo è creduto vero, ma si dà origine a cerchie occulte o esoteriche direttamente ispirate ad esso.

A differenza di quanto si possa congetturare, le prospettive del discorso interpretativo non sono quindi affatto negative, né tantomeno apocalittiche. Si può quindi concordare con Jean-François Lyotard (1924-1998) come il paradigma stesso, scientifico o ideologico a un tempo, inseguito attraverso i secoli non mostri altro che fantasmi, finzioni, riflessi di un gioco linguistico palesemente asservito al potere e al capitale. Dunque: interpretare non più in teoria ma in pratica, non più attraverso metalinguaggi ma attraverso eventi linguistici, non più attraverso dicotomie, dialettiche, epistemologie, ma attraverso paralogismi, procedimenti diegetici e retorici. Insomma, si dovrebbe cercare di formulare «ciò che sarà stato fatto», inventando allusioni che facciano segno verso ciò che, pur essendo concepibile, non può tuttavia essere presentato. Questa ‘fantasmaticità’ del discorso è tipica di soggetti storici o ideologici ricodificati e ‘reinventati’ in una dimensione coercitiva. Il potere ha quindi segnato irrimediabilmente il meccanismo della comunicazione; un sistema simbolico è un ordinamento coercitivo rivolto agli individui della comunità allo scopo di regolare la loro condotta e di fornire la struttura della cooperazione sociale. Chi rispetta tali norme e linguaggi non dovrà mai temere violazioni della propria ‘libertà’.

Per vendere mezzo milione di copie in tre mesi de Il pendolo di Foucault bisognò stamparne almeno seicentomila e fare un investimento di circa tre miliardi e mezzo di lire. È un tipo di operazione che sino ad allora l’editoria nazionale aveva compiuto quasi esclusivamente nel mercato delle enciclopedie. In seguito al successo planetario di questa e altre opere si constatò come Umberto Eco fosse anche diventato un personaggio della cultura, che nel corso degli anni aveva assunto l’immagine dell’intellettuale-divo, di una star a perfetto agio nell’universo multimediale. I commentatori si sprecarono a raccontarci aneddoti e leggende sul suo stile di vita: «Deve gestire la sua fama e la sua bibliografia come un’azienda; da tempo ha elaborato e messo in pratica, con splendidi risultati, una sua teoria sullo sfruttamento degli interstizi, sulla capacità, cioè, di rendere produttivo ogni minimo spazio della giornata: mentre viaggia, mentre defeca, mentre mangia, mentre suona il flauto, al limite tra una battuta e l’altra di un dialogo. Se così non fosse dovremmo supporre un Eco uno e trino, onnipresente, onniveggente; dovremmo prestar credito al sospetto, nutrito già dai suoi primi studenti di Bologna, che ci siano almeno due suoi sosia». Altri ancora lo annoveravano nelle file dei super-potenti: «Avete già pensato a un regalo per i famosi e i potenti? Cosa donereste a Berlusconi o a Eco? Madame Bovary o fiammiferi e accendino?», così scherniva il Il manifesto. Per questi motivi s’è legato il personaggio Umberto Eco al mito, alla stregua d’un eroe culturale; un personaggio che, come il Prometeo recante il fuoco agli uomini, assolve al compito d’introdurre una qualche componente di civilizzazione laddove regnano la paura e l’ignoranza, anche compiendo, come nel caso di Prometeo, uno sgarbo al resto della confraternita divina.

Ezio Albrile