Recensione: Astrology in European Religious History. Its Philosophical Foundation through the Ages

Ezio Albrile, Recensione: Gustav-Adolf Schoener, Astrology in European Religious History. Its Philosophical Foundation through the Ages, Peter Lang, Lausanne-Berlin 2023, pp. 236.

http://archivindomed.altervista.org/ASIM-14__rec_ALbrile-Schoener_corretto.pdf

Gli astri, e la forza racchiusa in essi, hanno da sempre suscitato un grande fascino sull’animo umano. Nonostante la lotta condotta in età patristica contro la persistenza delle credenze astrologiche, la disciplina ben radicata nella cultura latina classica e tardoantica che attribuiva agli astri un’influenza articolata e determinante sulla vita degli uomini, si era trasmessa, praticamente immutata, nella cultura medievale, sia a livello iconografico (monumenti e facciate di chiese romaniche) che teoretico; né è testimone Isidoro di Siviglia quando nella sua opera enciclopedica descrive gli astrologi come coloro che «leggono nelle stelle dei presagi, mettono i dodici segni celesti in relazione alle singole parti dell’anima o del corpo (etiam duodecim caeli signa per singula animae vel corporis membra disponunt) e cercano di vaticinare la nascita e il carattere degli uomini contemplando il moto delle costellazioni» (Etym. 3, 27, 2). La notizia di Isidoro è significativa, poiché la classica melothesia che legava i Segni Zodiacali a singole parti del corpo umano è estesa anche alle potenze dell’anima, un dettaglio che rivela come l’autore latino fosse avvezzo alle nozioni astromantiche.

Tramite l’astrologia l’uomo conosce quale è la sua posizione nel cosmo e come sia governato da forze a lui esterne, che conferiscono un senso alla sua esistenza anche quando deve ammettere che l’influsso degli astri produce pathē, «affezioni», e che i Segni Zodiacali perseguitino il corpo materiale. Il libro di Gustav-Adolf Schoener vuole esplorare la disciplina astrologica in una nuova e accattivante prospettiva, cioè il modo in cui i filosofi occidentali si sarebbero appropriati di essa, oppure, al contrario, l’avrebbero violentemente rigettata. Si parla di Keplero, di Newton, ma anche del francofortese Adorno, noto per un famoso articolo (poi trasformato in un agile libretto) in cui ridicolizzava il fenomeno astrologico, così come presentato nelle pagine del Los Angeles Times. Il libro dello Schoener propone poi delle curiose pagine dove i vaticini astrologici sono avvicinati a gravi fatti o sciagure che negli ultimi decenni hanno investito il pianeta, come ad esempio l’incidente al reattore nucleare di Fukushima in Giappone, nel marzo del 2011. Da sottolineare come lo Schoener faccia ampio uso della cosiddetta «astrologia antitradizionale», che nelle predizioni tiene conto degli influssi dei pianeti transaturniani (Urano, Nettuno, Plutone) sconosciuti all’astrologia classica tolemaica.

Come spiega sempre lo Schoener, l’espressione principale dell’astrologia è l’«oroscopo»; questo termine derivava dal greco hōroskopos «che scruta il tempo», o «che osserva l’ascendente», o più semplicemente «ascendente», il punto in cui una determinata stella sorgeva all’orizzonte in un momento specifico, generalmente alla nascita, con l’intento di stilare una mappa o cosmogramma delle influenze celesti (positive, negative o di altra natura) che si presumevano agissero in quella frazione di tempo.  La stessa nascita del Salvatore Gesù registrata nel Vangelo di Matteo, poteva essere considerata un «oroscopo». I Magi che giunsero dall’Oriente per rendere omaggio al bambinello videro una Stella en tē anatolē «in levare». Ciò faceva pensare a una indicazione della posizione dell’astro, oppure di una costellazione, che aveva iniziato il suo levare eliaco, cioè in concomitanza con il sorgere del Sole, ma fors’anche in concomitanza con il sorgere di una stella mattutina.  La Stella sarebbe sorta in un cielo particolare, forse al Solstizio. Un astro che, in piena sintonia con le attese messianiche del tempo, si levava in cielo al nascere di un Signore del Mondo e ne rappresentava l’«oroscopo».

L’elemento fondamentale dell’oroscopo era il «grado», la moira, cioè l’ampiezza angolare dell’arco dello Zodiaco visibile sull’orizzonte orientale in un determinato momento. Lo Zodiaco era una fascia obliqua rispetto al piano dell’eclittica, lungo la quale si compiva il cammino apparente del Sole circondato dai Pianeti. Esso nell’astrologia classica era diviso in dodici sezioni, larghe trenta gradi ciascuna, le quali corrispondevano ai cosiddetti «segni» zodiacali. Il termine greco zōdiakos, deriva infatti da zōdion, diminutivo di zōon, «animale»; zōdion significa letteralmente «animaletto», ma anche «figurina che rappresenta un animaletto». Quindi zōdiakos, cui si sottintende il kyklos, «cerchio, ruota», sarebbe il «circolo delle figure animali», con esplicito riferimento a quelle costellazioni la cui forma suggerisce l’immagine di un animale e che nel contesto dello Zodiaco sono da ritenersi la maggioranza.

Sulla sfera celeste inventata forse da Anassimandro attorno al VI sec. a.C., Eudosso di Cnido fissò verso il 375 a.C. la rappresentazione dell’eclittica, i 12 segni zodiacali e le immagini già esistenti, in due opere ora perdute, i Fenomeni e lo Specchio, e divulgate in forma poetica da Arato di Soli (fine IV sec. a.C.) su richiesta del re di Macedonia, Antigono Gonata (319 a.C.-239 a.C). I versi di Arato superarono ben presto il ristretto ambito della corte macedone propagandosi con immensa fortuna in tutto il mondo antico, raggiungendo per fama il Medioevo e oltre.

La nascita e lo sviluppo dell’idea di Zodiaco sono all’origine di una vivace discussione: oggi vi è un consenso pressoché unanime nel ritenerli frutto dell’astromantica babilonese. Attorno all’epoca di Sennacherib (687 a.C.), si sarebbero fissati nella scienza astrologica mesopotamica dei «sentieri» (harrānu) percorsi dalle stelle e collegati rispettivamente agli dèi Enlil, Anu ed Ea, secondo una configurazione mitologica legata alla creazione del mondo. L’ultimo di essi comprendeva un «percorso», seguito dai Pianeti, dal Sole e dalla Luna, attraverso 15 costellazioni. Lo schema attuale delle 12 costellazioni, risalente forse al V sec. a.C., si rifarebbe a questo modello e avrebbe avuto il suo pieno sviluppo in epoca seleucide. Il modello babilonese, armonizzato secondo i canoni della mitologia greca, è quindi alla base dello Zodiaco che oggi conosciamo.

A partire dal II sec. a.C. sulla base della trigonometria sferica sviluppatasi in Grecia, i Pianeti vennero proiettati sull’eclittica per definirne la latitudine e la longitudine celesti. Essi erano determinanti nell’esercitare un influsso sulla vita degli uomini, di tipo benigno (Giove e Venere), maligno (Saturno e Marte) o mutevole (Sole, Luna e Mercurio), influsso ulteriormente potenziato dall’azione di altri fattori. All’interno di questo schema di base, erano possibili però notevoli variazioni: oltre all’influenza esercitata dai Pianeti «erranti» vi era quella delle Stelle «fisse», chiamate così a causa dell’immensa distanza dalla Terra che le rendeva apparentemente immobili. La parola «pianeta», o più precisamente planēta astra «stella errante», si ritrova per la prima volta in Democrito attorno al 400 a.C. Il nome vuole esprimere la natura «errabonda» di corpi celesti che, pur essendo simili alle Stelle fisse, si distinguono da esse perché si muovono con movimenti irregolari (anelli di sosta e regressioni) nella fascia dello Zodiaco.

Mentre i pianeti e le stelle erano visibili nel cielo, la maggior parte delle figure astrologiche erano il prodotto dell’organizzazione dei cieli secondo princìpi indipendenti dall’osservazione, secondo un processo iniziato con l’elaborazione dello stesso Zodiaco. Se, infatti, in un primo momento la suddivisione di quest’ultimo era utile tanto agli astrologi quanto agli astronomi, interessati ad avere uno strumento sistematico che permettesse di tracciare i diagrammi dei moti planetari, in una fase successiva si passò a suddividere arbitrariamente le costellazioni, che costituivano già divisioni soggettive del cielo, allo scopo di ottenere una suddivisione in parti uguali. I caratteri fondamentali dei pianeti erano modificati dalle loro posizioni in rapporto a una serie di elementi del cosmogramma celeste. Si presumeva che esistessero particolari segni zodiacali in cui i Pianeti erano maggiormente valorizzati quando si trovavano nel segno in cui erano «esaltati» o in cui avevano il proprio «domicilio», mentre in altri trovavano il punto delle loro «cadute». Inoltre, anche la loro relazione angolare con altri pianeti o con altre figure astrologiche (come l’ascendente), all’interno dei diversi segni, poteva modificarne l’influsso: l’angolo di 180°, chiamato «opposizione», e quello di 90°, chiamato «quadrato», erano considerati negativi; mentre quelli di 120°, o «trigono», e di 60°, o «sestile», erano ritenuti positivi. Erano anche prese in esame le congiunzioni, per le quali erano state trovate alcune regole che ne indicavano gli effetti, variabili a seconda del carattere delle entità coinvolte. Un ruolo determinante è tenuto, per esempio, dalle congiunzioni di Giove e Saturno, che in tradizioni astrologiche come quella iranica rappresentano uno strumento di computo e di scansione temporale. Un libro, quello di Schoener, che in modo molto suggestivo ci racconta tutte queste cose, mescolando il passato al presente.

Ezio Albrile