Il Buddhismo nella ‘Terra del calmo mattino’

Mario Bombelli, Il Buddhismo nella ‘Terra del calmo mattino’, Rivista di Studi Indo-Mediterranei (RSIM) Anno XIV, 2024 Carlo Saccone e Alessandro Grossato (eds.)

ABSTRACT

‘Immaginate se gli studi sull’antica area del Mediterraneo si fossero evoluti senza tener conto della Grecia. Si sarebbe così passati dallo studio delle civiltà del Vicino Oriente direttamente al mondo romano, lasciando un impressionante ‘buco nero’ al centro che avrebbe reso oltremodo difficoltosa, se non addirittura impossibile, l’esegesi di molti fenomeni storico-culturali dell’occidente europeo, dalla tarda antichità al medioevo e finanche ai giorni nostri’. Con queste parole M. Riotto introduceva la grande opera di P. Lee, Fonti per lo studio della civiltà coreana. È forse quello che è accaduto, per molto tempo, alla Corea, Paese del Calmo Mattino, in ambienti accademici e non solo. Sicuramento lo scarso peso politico-militare che il Paese ha avuto nello scacchiere strategico dell’Asia Orientale non ha favorito la sua specificità, nonostante avesse, e per certi versi ancora svolge, un ruolo di mediazione fondamentale nella storia culturale dell’Estremo Oriente. Si pensi alla sua collocazione geografica: vicino alla Russia, confinante con la Cina, di fronte al Giappone.
Quando il Buddhismo arrivò in Corea (verso la fine del IV secolo a Kŏguryo e Paekche, dal VI secolo a Silla) portando con sé nuovi modelli culturali si dovette confrontare con le tradizioni animiste e le iniziali idee taoiste e confuciane che cominciavano a circolare. Il nuovo credo non faticò a farsi strada fino a diventare la nuova religione di Stato durante il periodo di Silla Unificato e nel successivo periodo di Koryŏ (il cosiddetto ‘Medioevo coreano’). L’incontro del Buddhismo con la cultura religiosa autoctona, lo sciamanesimo, fin da subito si rivelò produttivo, cioè capace di inglobare nella nuova credenza le aspettative del popolo: desiderio di salvezza oltre le vicende del tempo. In tutta la storia della Corea, l’aspetto del sincretismo, sia religioso sia politico sociale, è stato da sempre il tratto caratterizzante di tutta la cultura coreana.
L’affermazione forte e convinta della novità portata dal Buddhismo in Corea spinse i monaci sia nella lontana India ad attingere alle fonti originali (studio delle scritture nelle lingue pali e sanscrito), sia in Cina a conoscere e imparare dalle scuole che avevano abbracciato il nuovo credo (ormai sinizzato). Duplice fu l’effetto: la nascita di una tradizione propria, il Buddhismo coreano e il desiderio unito alla volontà di andare oltre i propri confini, introducendo il Buddhismo nella Terra del Sol Levante.
La tradizione specifica, quella che prese forma nella penisola coreana, avrà nel Maestro Chinul l’iniziatore di una proposta nuova nella lettura e nella pratica del Buddhismo: il Sŏn coreano. Unità di dottrina e pratica, illuminazione improvvisa e coltivazione graduale come processo capace di colmare il divario tra conoscenza e azione.

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